Wednesday, June 13, 2007

Random (esperimenti di scrittura)


Psiche


La dottoressa stava seduta di fronte a Carlo, era una bella donna snella con un viso affilato ma piacevole e vestita con cura, nonostante questi particolari lui non era mai riuscito a vederla come possibile amante e neanche come donna.
Carlo riteneva che questo fosse dovuto alla bravura di lei nella sua professione, era psicologa, riusciva a coinvolgerlo a farlo parlare ma lei restava come sospesa su un piano diverso, distaccata: eppure a volte lui la sentiva vicina la sentiva emozionarsi ma sempre in maniera impalpabile.
Dopo lunghi anni di tentativi, più o meno convinti, solitari, aveva dovuto ammettere che se voleva dare un taglio al suo controverso rapporto con l’eroina l’unica soluzione era quella di rivolgersi ad uno specialista.
Carlo sapeva che per lui non sarebbe servito a nulla rinchiudersi in una comunità, per un brevissimo periodo c’era stato, ma solo perché ricattato dalla moglie: “o vai dentro, oppure ti lascio e non vedrai neppure i tuoi figli” questo aveva detto.
Quando aveva capito che la comunità aveva peggiorato il suo atteggiamento portandolo a fare cose che prima non aveva mai fatto decise che era meglio sopportare una separazione e combattere da solo piuttosto che ritrovarsi dopo un paio di anni allo stesso punto e per di più senza lavoro o referenze.
Lui capiva la necessità per alcuni di andare in una comunità, gente che viveva senza regole, sulla strada con problemi di salute o con la legge: in un ambiente protetto poteva pian piano ricostruirsi un codice, un sistema di vita normale anche se dall’altra parte correvano il rischio non appena usciti dalla zona protetta di ricadere a breve nella vita precedente:questo forse era il motivo che spingeva molti a rimanere nell’orbita della comunità senza riuscire a tagliare il cordone ombelicale.
Carlo invece aveva bisogno di uscire dal problema continuando a vivere normalmente: lui doveva poter fare a meno della polvere pur sapendo che era li disponibile a portata di mano.
Certo non era stato facile, erano stati tre anni lunghi e di lavoro intenso su se stesso: quattro sedute settimanali con la psicologa e per il primo anno l’assunzione di un farmaco che gli impediva di assumere oppiacei, le analisi costanti delle urine per vedere se sgarrava, passato il primo anno aveva smesso con il farmaco ma erano continuate le analisi, alla fine del secondo anno erano cessate anche quelle e lui aveva dovuto continuare il suo lavoro senza questi supporti che pur sapendo di costrizione in realtà lo avevano aiutato.
Ricordava ancora i primi incontri con la psicologa: lei entrava si salutavano e poi rimanevano muti per un’ora, pian piano Carlo si era sciolto ed aveva cominciato a raccontarle pezzi della sua vita oppure quello che gli era successo quel giorno.
Lei lo ascoltava ed a volte faceva qualche domanda, commentava poco e faceva si che Carlo dicesse le cose e le elaborasse da solo, solo una volta disse una frase che lo colpì molto e lo lasciò incerto sul significato: lui aveva raccontato di essersi esposto, sul luogo di lavoro, al posto di un collega più giovane e con un contratto di formazione in merito a certe decisioni prese dal capo reparto.
La dottoressa Paola lo lasciò finire e poi disse:”certo non deve essere difficile volerle bene”, poche parole che però lo fecero sentire forte e orgoglioso e non sapeva nemmeno perché.
Ora dopo tre anni si trovava davanti a Paola per il loro ultimo incontro, non gli pareva nemmeno vero: stava per uscire da quel rapporto ambiguo ma sicuro da quella intimità a senso unico che lo aveva accompagnato in quel periodo a volte difficile.
Non sapeva bene cosa dire se non esprimerle la sua riconoscenza incondizionata, fu lei a risolvere la situazione: si alzò andò da lui e lo baciò, un bacio da amica sulle guance ma che esprimevano un affetto e una vicinanza che lui non aveva trovato in occasioni più intime con altre donne.

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