Friday, September 22, 2006
Random (esperimenti di scrittura)
Nairobi
Era finalmente tornato in Kenya, dopo ben sei anni di assenza ora ammirava il tramonto e le ombre che si allungavano sulle colline dello Ngong seduto comodamente sulla veranda di casa sua, accanto a lui sedeva Francis il guardiano della casa: era molto di più di un guardiano, per Carlo rappresentava un amico e una sicurezza a Nairobi. Stavano discorrendo di quei sei anni di assenza e Francis chiese:" L'ultima volta sei venuto con il tuo amico JeanPierre, come sta?" "Bene - rispose Carlo - sai che lui gira spesso in Francia e non lavora più, lo sento spesso e un po di volte l'anno ci vediamo." Carlo pensò all'amico che forse l'avrebbe raggiunto, dopo un po chiese:" Come stanno i tuoi figli Francis? ""Bene mandano avanti la farm e Mwepesi continua a correre la maratona." Mwepesi era stato la fortuna della famiglia: gran corridore si era messo in luce giovanissimo sulle distanze dei 5.000 e 10.000 metri vincendo un po ovunque,era passato poi alla maratona e aveva così rimpinguato le sostanze di famiglia, con i soldi vinti aveva acquistato terre e bestiame che i suoi fratelli curavano e gestivano.
Nella mente di Carlo si affollavano i primi giorni del suo arrivo in Kenya, l'ambiente non era molto diverso da quello della Tanzania, la gente si: gli era parsa subito più smaliziata e pronta a cogliere e sfruttare in modo molto disincantato tutti questi presunti benefattori.
Ricordava ancora di quando giunto all'aeroporto non aveva trovato nessuno ad aspettarlo: l'aveva presa in modo molto africano senza scomporsi troppo si era recato in centro e dopo essersi sistemato in un ostello di suore si era messo ad aspettare che qualche persona venisse a cercarlo.
Alla fine giunse alla missione dove avrebbe lavorato e li conobbe Francis: muratore,falegname,carpentiere,pittore,fabbro e ogni altro lavoro ci fosse da fare.
L'aveva colpito subito l'intelligenza dell'uomo e la capacità di vedere le cose e individuare le soluzioni solo immaginandosele, avevano cominciato a collaborare e poco a poco erano diventati amici, a Carlo piaceva molto fermarsi a discutere con l'amico davanti ad una tazza di thè e più raramente di una birra.
Non era stato facile lavorare alla missione: rapportarsi con i due preti e fargli capire che lui non era un loro dipendente ma aveva una sua autonomia aveva creato parecchia tensione ed alla fine portò alla rottura dei rapporti tra di loro.
Carlo tornò al presente e disse:" Ho voglia di fare un giro sia nell'ukambani che in Tanzania e poi voglio definire una questione qui riguardo alla casa." Francis lo osservò e disse" Per il viaggio non c'è problema la Toyota è a tua disposizione, puoi prenderla per tutto il tempo che ti occorrerà e per quanto riguarda la casa non hai che da dire." L'antico tuttofare versò per tutti e due una generosa dose di "antimalarico", così chiamavano il brandy che Carlo non mancava mai di mandargli, poi rimase in attesa della replica dell'amico.
“Va bene, ti ringrazio - disse Carlo – vorrei cominciare andando su fino al Turkana e poi dopo qualche altro giro tornare qui e organizzare il viaggio in Tanzania, nel frattempo dovrebbe arrivare Jean Pierre e tu dovresti accoglierlo.”
“Non ci sono problemi – replicò Francis – vado ad aspettarlo all’aeroporto come l’ultima volta?” e così dicendo sorrise ; a Carlo venne in mente che Francis si era presentato in compagnia di tre splendide ragazze Masai.
“Non credo sia necessario Francis, ormai le ragazze non sono più in cima alla lista delle sue preferenze, credo anzi che cominci a non sopportarle più del tutto.”
Nel frattempo Felicita la vecchia cuoca aveva apparecchiato la tavola e il profumo del riso “pilau” andava diffondendosi sotto la veranda raggiungendo i due uomini assorti nei loro discorsi, non appena si accorsero che era pronto si diressero con entusiasmo verso la tavola :”Erano anni che non mangiavo il pilau – disse Carlo – e se ricordo bene quello che fa la Felicita è stupendo” “Verissimo – rispose Francis – credo sia la cosa che fa meglio, anche se quando era più giovane la preferivo per altre specialità…” la Felicita sorrise e lo minacciò scherzosamente con l’acuminato coltello che usava per tagliare a pezzetti la carne di capra arrostita.
Mangiando discussero ancora del viaggio di Carlo e anche dei progetti che lo stesso aveva sulla casa, dopo cena decisero di andare in centro a fare due passi: Carlo voleva vedere cosa era cambiato o piuttosto se qualche cosa era cambiato in quegli anni di assenza. Passeggiarono a lungo per il centro e Carlo notò che erano aumentati terribilmente i bambini di strada e anche l’età delle ragazze che cercavano un uomo sedute ai tavolini dei bar era scesa molto, vide alcuni bianchi abbracciati con ragazze che potevano essere le loro nipoti e se ne vergognò.
“Non è giusto – disse a Francis – che questi bimbi e queste ragazze vengano derubati così presto dei loro sogni e delle loro speranze, conoscono troppo presto il marcio del mondo e delle persone”.
Quella notte dormì male e si svegliò parecchie volte: si trovò a pensare ai tempi della sua adolescenza e giovinezza ed alle esperienze legate a quel periodo.
Thursday, September 21, 2006
Volontariato internazionale
La mia esperienza come volontario è stata una delle cose più belle e formative della mia vita, credo che farebbe bene a molti. Poter vivere a contatto con culture differenti e accorgersi che non tutto si può avere (neppure con i soldi) e dover confrontarsi con difficoltà a noi sconosciute dà la possibilità di aprire la mente.....
Monday, September 11, 2006
Viaggi: Cuba
Un lungo viaggio attraverso Cuba, partendo da Santiago e arrivando a L'Habana, seguendo il percorso fatto dal Che con una deviazione a Baracoa prima capitale dell'isola e vero paradiso naturalistico. Un viaggio per vedere Cuba con Fidel presente, per poter capire cosa cambierà quando lui non ci sarà più............ Un'isola colma di paradossi e contraddizioni, gente a volte cordiale e spesso arrogante!
Thursday, September 07, 2006
Random (esperimenti di scrittura)
Fulvia
I bagagli erano quasi pronti, erano passate ormai tre settimane da quando Carlo era stato a Roussillon assieme a Jean Pierre, era ormai tempo di iniziare questo nuovo viaggio africano. In quel momento Carlo era seduto sul letto assorto nei suoi pensieri: rovistando nei cassetti alla ricerca del passaporto e di altri documenti aveva trovato una vecchia foto che lo ritraeva assieme ad una splendida ragazza bionda, vi era un contrasto enorme tra la bellezza del viso e la tristezza dei grandi occhi celesti......
Carlo stava uscendo dal bar dove si recava di solito, quando aveva visto Fulvia, così si chiamava la ragazza bionda, che cercava senza riuscirvi di far partire la vecchia Diane.
"Hai bisogno di una mano?- chiese Carlo. "Si volentieri ,non so perché ma oggi non ne vuole sapere". Si erano conosciuti così,anche se Carlo sapeva chi era perché il paese non era certo grande, era riuscito ad avviare la macchina e poi l'aveva invitata a bere un aperitivo. Lei aveva cortesemente rifiutato dicendo che aveva fretta, però si era detta disponibile al prossimo incontro casuale tra di loro, Carlo pensava che non sarebbe mai successo, lei aveva un giro diverso dal suo ed anche un paio di anni in più. Adesso i ricordi correvano più veloci : al contrario di quanto aveva pensato si erano rivisti, un aperitivo, in seguito una cena, una gita a Nizza finché una sera senza alcuna programmazione erano finiti a letto.
Ora la memoria fluiva di nuovo lenta: dopo quella prima notte trascorsa a casa di Carlo, che nonostante i suoi ventun anni viveva solo, si erano rivisti con una certa frequenza ed il loro legame era diventato a mano a mano più profondo fino a portarli a decidere di vivere assieme.
Vi era qualche cosa in Fulvia che però inquietava Carlo, a volte pareva assente oppure spariva per delle ore senza dare spiegazioni, lui sapeva che prima aveva avuto una relazione burrascosa con un tipo che ora stava in carcere.
Però i momenti di dolcezza erano superiori ai problemi o forse Carlo non voleva vederli: non si era mai sentito così legato ad una donna e pensava che nessuna altra storia gli avrebbe più dato le stesse cose. Il ricordo più bello di loro due era legato ad una vacanza molto breve passata a Barcellona, era inverno però la città era bellissima e si poteva passeggiare anche alla sera nella rambla, avevano preso alloggio in una piccola pensione vicino al porto e per i primi due giorni erano usciti pochissimo non riuscendo a staccarsi dal letto.
Poi però avevano cominciato a visitare la città e Carlo ancora rivedeva lo stupore negli occhi di lei davanti alla Sagrada Familia, o ancora il divertimento e le risa guardando gli artisti che affollavano le strade, la sera poi sedevano ai tavolini dei locali sulla rambla per ascoltare la musica.
Era stata una settimana fantastica e Carlo a volte non riusciva a credere che lei si fosse messa con lui: aveva sempre pensato di non essere all'altezza della sua bellezza, anche se aveva già avuto una donna decisamente attraente.
Per quel che ricordava Carlo quelli erano stati gli ultimi momenti veramente felici che trascorsero insieme : da lì a poco si sarebbe rivelato appieno chi possedeva realmente e pienamente Fulvia. I silenzi e le assenze di Fulvia si facevano sempre più frequenti e anche quando c'era non era più come prima, anche a letto dove erano sempre stati bene non vi era la stessa atmosfera intima ma allegra, alle domande di Carlo lei dava risposte vaghe o a volte molto nervose.
Una sera, in cui Carlo era dovuto tornare inaspettatamente a casa, capì il perché di quel cambiamento : era entrato senza far rumore e stava andando in camera quando vide Fulvia seduta davanti al tavolo della cucina che guardava come affascinata la siringa di vetro celeste in cui si vedeva un liquido ambrato, si trattava di eroina come seppe poi Carlo, lentamente la ragazza affondò l'ago nella vena del braccio e tirò lo stantuffo : subito il sangue rosso si mescolò alla sostanza e Fulvia se lo iniettò.
Durante questi pochi attimi Carlo restò immobile annientato, senza neanche riuscire a parlare, con gli occhi che si riempivano di lacrime e proprio in quel momento lei si accorse della sua presenza : il suo viso si irrigidì e disse" da quanto stai lì a spiarmi? Questa è una cosa mia e tu non ci devi entrare." Carlo non disse nulla le si avvicinò e la abbracciò, lei cercò di spingerlo via ma quasi immediatamente si mise a piangere.
Fulvia raccontò che ormai da alcuni anni faceva uso di eroina, ma se all'inizio lo faceva saltuariamente e la fumava negli ultimi mesi aveva sviluppato una grande dipendenza e per motivi economici aveva cominciato ad iniettarsela.
Carlo non sapeva cosa fare, si rendeva conto di trovarsi a fare i conti con una situazione più grande di lui, parlò a lungo con Fulvia chiedendole di farsi aiutare, ma lei disse di non voler sentir parlare di comunità o altri servizi.
Da allora le cose andarono sempre peggio, Carlo ricordava ancora la volta in cui aveva trovato sulla porta di casa un tizio che urlando chiedeva i soldi che Fulvia gli doveva: lui lo aveva gettato per le scale ingiungendogli di non farsi mai più rivedere.
Man mano che la situazione di lei degenerava e diventava evidente agli occhi della gente anche Carlo divenne oggetto di sospetti e commenti malevoli,ma cosa più grave si accorse di essere controllato dai carabinieri, a lui importava poco non poteva neanche pensare di lasciare Fulvia al suo destino.
Tutti gli sforzi erano però vani ne la persuasione ne le minacce, a cui non credeva neanche lui, di lasciarla al suo destino ottennero risultati se non momentanei o di poche settimane: finche un giorno tornando a casa Carlo vide Fulvia distesa sul letto, subito pensò si fosse impasticcata per mitigare l'astinenza, ma quasi subito si accorse della siringa e del cucchiaino usato per sciogliere l'eroina rovesciati in terra.
Con la paura che gli attanagliava lo stomaco si avvicinò al letto e vide Fulvia esanime con gli occhi celesti che sembravano guardarlo con un'aria di rimprovero, non aveva mai provato un dolore simile e una tale sensazione di vuoto e impotenza: passarono un paio d'ore prima che riuscisse a chiamare i genitori di lei.
L'eroina si era portata via la donna che forse lui aveva amato di più, ed ora si ritrovava solo e con una sensazione di vuoto che non lo lasciava ragionare, decise di rifugiarsi nello sport e nel lavoro in modo di non lasciare spazi e tempi ai propri pensieri.
Carlo non immaginava che nel corso degli anni avrebbe incontrato di nuovo la polvere bianca e che avrebbe combattuto ancora con lei, forse se lo avesse previsto la sua vita sarebbe stata meno complicata e più tranquilla: però non avrebbe visto luoghi e conosciuto persone per lui importanti.
Wednesday, September 06, 2006
Viaggi: Budapest
Tuesday, September 05, 2006
Random (esperimenti di scrittura)
Savana
Carlo guardava affascinato la sequenza infinita di baobab e di terra rossa, sulla quale ogni tanto comparivano mandrie di bestiame smunto accompagnate da ragazzini stracciati ma allegri. Erano passati ormai alcuni mesi dal suo arrivo in Tanzania ed era sempre più convinto di aver fatto la scelta giusta, gli ampi spazi e la bellezza della natura gli regalavano una serenità che da anni in Italia non aveva più.
Ma c'era di più: a dargli pace era anche il lavorare per un'idea e non solo per il denaro, non che fosse un'idealista o un illuso, conosceva bene e apprezzava il fatto di poter vivere bene e senza problemi economici ma allo stesso modo conosceva anche l'altra faccia della medaglia.
Ed ora si trovava,a ventisette anni, catapultato nell'Africa nera; guidando il potente fuoristrada osservava i volti d'ebano dei suoi compagni, si sentiva a suo agio assieme a loro e capiva che anche loro lo avevano accettato. Fortunatamente era riuscito ad impadronirsi abbastanza velocemente della lingua locale per cui passava parecchio tempo a parlare con loro per cercare di comprendere più a fondo il loro modo di vivere ed anche come percepivano quel gruppo di bianchi venuti lì non per far soldi.
Quella mattina si stavano recando a Manyatta, un piccolo villaggio ai bordi del grande altopiano comunemente chiamato Masai step, per incontrarne gli abitanti ed i loro capi e programmare i lavori per portare l'acqua al villaggio; non sarebbe stato facile convincere il "katibu" cioè il rappresentante locale del partito che parte dei lavori erano a loro carico e che si sarebbero dovuti poi far carico del mantenimento di un sorvegliante degli impianti.
"Angalya mchawi, guarda lo stregone - disse Matayo - oltre alla riunione ci sarà festa ed anche una cerimonia per attirare la benevolenza degli antenati e scacciare gli shetani, i diavoli." Matayo assieme a Julyus e Onesimo erano i tecnici che Carlo aveva trovato al suo arrivo, tenendo conto che solamente tre anni prima di mestiere facevano i carbonai, si poteva vedere il buon lavoro di formazione svolto dal volontario che lui aveva sostituito. Era sicuro che grazie alla loro volontà e intelligenza unite alle conoscenze che lui gli avrebbe trasferito sarebbero ben presto diventati autonomi in tutto quel che riguardava la realizzazione degli impianti.
George Chitema il katibu di Manyatta si avvicinò con fare molto formale a Carlo, quindi lo salutò ignorando volutamente gli altri uomini del gruppo: Carlo capì che questo era il suo modo di dirgli che quelli importanti e che avrebbero deciso erano loro due.
A George Chitema non era piaciuto molto l'atteggiamento di Carlo: il discorso fatto dall'europeo chiariva in modo inequivocabile il sistema di gestione e le priorità dell'uso dell'acqua, vi erano pochi margini per inserirsi e trarne un guadagno personale. Se a questo si aggiungeva il fatto che il suo commercio di trasporto acqua tramite barili sarebbe calato l'antipatia per lo mzungu - europeo - saliva di minuto in minuto.
Carlo ignaro dei sentimenti del katibu osservava Majengo lo stregone ,che borbottando in una lingua che probabilmente neanche lui capiva più, stava sgozzando una capra nera dopo aver già eseguito la stessa operazione con un gallo dello stesso colore: stava ora raccogliendo in un recipiente ricavato da una zucca vuota il sangue dei due animali, dopo di che cominciò a camminare aspergendo di sangue tutta l'area destinata alla realizzazione dell'impianto, tutto questo senza mai smettere di biascicare le sue invocazioni agli antenati.
Appena lo stregone terminò i suoi riti venne portato il cibo: grossi vassoi con polenta bianca, mchicha verdura simile al cavolo e carne, da cui tutti gli invitati attingevano a mani nude. Il banchetto andò avanti fino a quando non rimase nulla, in luoghi dove non c'è la certezza del cibo quando si può non si avanza niente. Carlo stava parlando con alcune persone quando venne portato il pombe, la birra locale fatta facendo fermentare il miglio, l'aspetto non era dei migliori: una schiuma grigiastra colma di pagliuzze e semi ricopriva un liquido marroncino poco alcolico ma che veniva consumato in grandi quantità.
Era mattina, la luce che filtrava tra le tende svegliò Carlo, venne subito assalito da un feroce mal di testa, evidentemente aveva esagerato con il pombe ed ora si malediceva per essersi fatto trascinare fino in fondo; d'altra parte quando i tamburi avevano cominciato a suonare e le donne e quelli che una volta erano dei guerrieri orgogliosi a ballare con le movenze ed il loro ritmo scatenato ma del tutto istintivo si era sentito parte di loro e vivo come non mai.
Dopo una doccia, che in parte lo aveva rimesso in sesto, decise di fare colazione sulla veranda di casa; da lì poteva ammirare la savana che si estendeva fino a fondersi all'orizzonte con il cielo così particolare in Africa che pare di poterlo accarezzare.
Si stava versando una seconda tazza di caffè quando ,dal vialetto principale contornato da bouganville di un rosa carico, vide arrivare Emilio il geologo che con la sua statura ed i capelli sempre arruffati si confondeva bene con gli alberi di papaya; "Allora - disse quest'ultimo - come è andata la riunione a Manyatta? Ho sentito dire che ti sei divertito, non è stato così per Chitema che era parecchio arrabbiato."
"Siediti e prendi una tazza di caffè - rispose Carlo - sicuramente dovremo fare attenzione perché cercherà di metterci i bastoni tra le ruote, ha parecchie conoscenze e sicuramente non gli và di perdere il suo businnes."
Parlarono ancora un po e dopo si lasciarono ognuno diretto verso il proprio lavoro, Carlo pensava e si diceva che anche lì in mezzo alla povertà assoluta c'era chi cercava di approfittarsi dei propri simili.
Dopo tutto era una cosa abbastanza normale in un paese come la Tanzania che dopo l'indipendenza aveva cacciato i bianchi e rifiutato l'aiuto interessato delle multinazionali. Julius Nyerere il capo di stato aveva deciso di rifarsi al sistema tribale di solidarietà chiamato "ujamaa" per sviluppare gradualmente il paese e questo automaticamente implicava il fatto che le molte ricchezze naturali andassero agli abitanti e non soltanto le briciole.
Tutto questo non era piaciuto a chi tesse le trame dell'economia mondiale: per cui la Tanzania si era ritrovata senza più un centesimo d'aiuto da parte del fondo monetario internazionale e d'allora stava precipitando sempre più in basso.
Subscribe to:
Posts (Atom)